Il breve ergastolo di Gaetano Bresci al penitenziario di Santo Stefano

Il 29 luglio del 1900 il re d’Italia Umberto I si trovava a Monza per assistere a un saggio ginnico, cui era seguita una premiazione presso la società sportiva “Forti e Liberi”. Intorno alle 22:35 il re decise di ritornare presso la sua residenza monzese, ma mentre saliva sulla carrozza reale scortato da alcuni militari, un uomo si fece spazio tra la folla festante estrasse la pistola e sparò al re, uccidendolo. Il reicida era Gaetano Bresci. L’uomo non oppose resistenza all’arresto, dichiarando dopo poco: «Io non ho ucciso Umberto. Io ho ucciso il Re. Ho ucciso un principio». Processato e condannato all’ergastolo, Gaetano Bresci dopo essere stato per alcuni mesi prima a San Vittore e poi all’Elba, fu mandato nel gennaio del 1901 nella sua prigione definitiva: il penitenziario di Santo Stefano, nei pressi dell’isola di Ventotene.

Gaetano Bresci al penitenziario di Santo Stefano:

Gaetano Bresci: l’anarchico toscano

Nato a Coiano, una frazione di Prato, Gaetano Bresci era un tessitore di professione da poco rientrato dagli Stati Uniti, dov’era emigrato qualche anno prima. Anarchico convinto, Bresci conosceva molto bene la quotidianità vissuta dai lavoratori italiani dell’epoca: turni massacranti, mancanza di tutele e le costanti vessazioni a cui erano sottoposti. Prese parte agli scioperi organizzati dalla sezione anarchica di Prato e nel 1892 venne condannato a quindici giorni di carcere per oltraggio alla forza pubblica e rifiuto d’obbedienza. Schedato come “anarchico pericoloso”, fu relegato nel 1895 a Lampedusa, come conseguenza delle leggi speciali emanate dal governo Crispi che predisposero l’obbligo di dimora in una determinata località per tutti i sovversivi d’Italia. Ottenuta l’amnistia proprio da Umberto I, Gaetano Bresci si trasferì a Ponte all’Ania, dove trovò lavoro come operaio in uno stabilimento laniero legandosi a una donna sua collega da cui ebbe un figlio. Nel 1897 decise di partire per gli Stati Uniti dove rimase per tre anni. In questi anni continuò a frequentare gli ambienti anarchici del New Jersey e seguì con non poca preoccupazione quanto accadeva in Italia: dalla della feroce repressione nel 1894 dei fasci siciliani da parte di Crispi a quella dei moti popolari del 1898, voluta dal governo di Antonio di Rudinì. Gaetano Bresci decise di fare ritorno in Italia e uccidere il monarca per vendicare le feroci repressioni delle proteste dei lavoratori. Acquistò così una rivoltella della ditta Harrington&Richardson e cominciò a esercitarsi nel tiro a segno. La sera del 29 Bresci si confuse tra la folla che attendeva il re Umberto I al termine della premiazione di alcuni atleti. Non appena vide il re sparò tre colpi a distanza ravvicinata che raggiunsero Umberto I al petto, a un polmone e al collo. Seguirono attimi concitati in cui la folla cercò di linciare Bresci che però venne salvato dai carabinieri. Dopo la condanna, l’approdo su quella che divenne la sua ultima dimora: il penitenziario di Santo Stefano

Gaetano Bresci a Santo Stefano

Gaetano Bresci giunse al penitenziario di Santo Stefano, a pochi chilometri di distanza dal porto di Ventotene, il 23 gennaio del 1901. All’interno del carcere venne edificata appositamente per lui una cella alta circa tre metri e priva di suppellettili. Essendo stato accusato di un grave reato, Bresci indossava la tenuta degli ergastolani con le mostrine nere e i piedi erano costantemente legati in catene. Effettuava l’ora d’aria in totale isolamento per evitare possibili contatti con gli altri detenuti. Qualche mese dopo, precisamente il 22 maggio il corpo di Gaetano Bresci venne ritrovato legato alla finestra della cella con un asciugamano. Sebbene la versione ufficiali parli di suicidio, nei giorni antecedenti Bresci non aveva dato segni di depressione o di volontà suicide, anzi si era sempre mostrato tranquillo. Sulla morte di Gaetano Bresci cominciarono a circolare ipotesi alternative anche perché in base al regolamento carcerario era vietato ai detenuti il possesso di asciugamani, inoltre Bresci era continuamente sorvegliato e i suoi piedi costantemente legati. Sandro Pertini, altro ospite durante il fascismo di Santo Stefano dichiarò nel 1947 che “Bresci è stato percosso a morte, poi hanno appeso il cadavere all’inferriata della sua cella di Santo Stefano”. Ci sono anche incertezze sul luogo della sepoltura: secondo alcune voci il corpo sarebbe stato sepolto nel cimitero di Santo Stefano, secondo altre invece gettato in mare.

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